All’inizio del paese di Coldazzo un ordinato noceto racconta subito la natura agricola della zona, ma questa è anche l’area con testimonianze del suo passato remoto perché sono state rinvenute tracce che testimoniano di quando è stata   abitata in epoca romana: sono stati ritrovati numerosi frammenti di coppi e di vasellame ceramico, tegole quasi integre, alcuni mattoni concotti e grumi di ossa, databili dalla seconda metà del II sec. – fine I sec. A.C.

A pochi metri più a valle sono stati trovati alcuni mattoni da opus spicatum (materiale laterizio di costruzioni abitative); più importante, una stele a porta in pietra calcarea attualmente esposta all’ingresso del municipio di Colbordolo, contenente un’iscrizione sepolcrale della defunta Maria Agatea (liberta di una donna appartenente alla gens Maria: dinastia piuttosto diffusa nel pesarese e nell’urbinate fino a fine I secolo A.C.). La porta dittis o porta degli inferi era in uso appunto nel I sec A.C. e questa   era probabilmente addossato alla parete di un monumento sepolcrale.

Vagamente individuabile in questa area anche una storia tutt’altro che documentabile ma di grande fascino, una storia che si raccontava spesso davanti al camino le sere d’inverno negli anni ’60 e che fa subito entrare nell’atmosfera di leggende e storie un po’ surreali di Coldazzo: la storia del vitello d’oro. 

Si diceva che in questi terreni fosse sepolto un vitello d’oro con dentro un tesoro e che delle persone fossero state seppellite perché gli spiriti vegliassero su di esso e nessuno andasse a profanarlo. Ovviamente in tanti pensavano di provare a trovarlo per assicurarsi un oggetto così prezioso finchè tre uomini decisero di farlo davvero. E in effetti lo trovarono ma gli spiriti li colpirono duramente: dissero loro che se fosse venuto uno solo avrebbero svelato questo segreto, ma essendo in tre c’erano troppi testimoni. Li colpirono allora con una forte raffica di vento che li rimandò indietro in un secondo. C’è chi ha giurato di aver visto veramente queste persone spazzate vie da un forte vento fino al monte Busseto, vicino a Coldelce per non avere rispettato il volere degli spiriti che erano andati a disturbare.